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[Rassegna Stampa] “Ninux, un altro web”, Corriere della Calabria del 10 Ottobre

Friday, October 4th, 2013

Cliccando sulle immagini potrete leggere direttamente la scansione dell’articolo e visualizzare le fotografie incluse, tra cui una del nostro BornAgain che ha condotto gran parte dell’intervista, mentre in basso trovate la trascrizione completa del pezzo per la comoda lettura via web. In alternativa potete scaricare il PDF. Buona lettura!

ninux-corriere-calabria-pag1 ninux-corriere-calabria-pag2COMUNITÀ VIRTUALI

Ninux, un altro web

È una rete wireless in cui i partecipanti comunicano e scambiano contenuti. È alternativa a internet. I suoi “nodi” adesso spuntano anche in Calabria

di Alessia Candito

In barba alle statistiche che relegano la Calabria in fondo alle classifiche di alfabetizzazione informatica e sul podio del digital divide italiano, ci sono anche (pochi) calabresi fra i pionieri della rete alternativa a internet che, nodo dopo nodo, sta colorando la penisola. Si chiama Ninux e tecnicamente si tratta di una meshnet, una wireless privata, i cui partecipanti possono comunicare tra loro, scambiare file, mettere in comune contenuti, risorse o servizi, far viaggiare video, foto, informazioni in modo del tutto indipendente da quella che è comunemente conosciuta come Rete. Per entrarci e diventare quello che in gergo si definisce “nodo” bastano un’antenna radio, un normale router e le conoscenza tecniche necessarie per collegarsi alla cosiddetta “isola”, l’insieme dei nodi presenti nel proprio territorio. Anzi, spiega Dario Stelitano, reggino, dottorando In Fisica all’Università di Potenza e fra i pionieri della rete alternativa calabrese, le conoscenze tecniche non sono neanche strettamente necessarie perché «Ninux è prima di tutto una comunità, un insieme di persone che – ognuna con le proprie competenze, ognuna con le proprie capacità — hanno deciso di unirsi per costruire un’infrastruttura su cui far viaggiare liberamente delle informazioni, al di fuori delle strade note». E proprio le strade sono l’esempio più calzante per spiegare la filosofia di questa nuova “rete delle reti” che piano piano sta conquistando l’Italia. «È come se ogni partecipante alla rete, quindi ogni nodo costruisse il suo pezzetto di strada che si collega alle altre che i suoi vicini stanno realizzando, ma nessuno ci mette un cancello o un pedaggio. Alla fine tutti quelli che partecipano alla costruzione della strada possono viaggiarci liberamente: questo è Ninux. Ogni partecipante, ogni nodo, contribuisce alla costruzione di una infrastruttura di rete che permette a tutti di comunicare con tutti, gratuitamente». Ma soprattutto, a differenza di quanto succede con un provider commerciale — i vari operatori telefonici che offrono l’accesso alla rete – si possono caricare e scaricare contenuti alla stessa velocità. «È una basilare questione di democrazia – sottolinea Stelitano – in Ninux i contenuti con cui io arricchisco la rete hanno lo stesso valore di quelli a cui io posso accedere. Su Internet no. L’apporto che come utente potrò dare sarà sempre inferiore a quello — ormai in larga parte commerciale e a pagamento – che viaggia in rete. Con Ninux, la rete è neutrale, non appannaggio dei provider».

Giuridicamente — spiega il manifesto italiano — questa nuova rete è equivalente ad un «gruppo di amici che si vede la sera sotto casa, discute di sport e talvolta si organizza per giocare a calcetto o farsi una “braciolata” in campagna». Volutamente, almeno per adesso, i pionieri di Ninux hanno deciso di non trasformarlo in una associazione o una fondazione, evitando qualsiasi tipo di pastoia burocratica. «E come una intranet diffusa — chiarisce ancora Siciliano — solo che invece di rimanere confinata in un ufficio o in un palazzo, è a disposizione della comunità».
Non si tratta di un esperimento isolato. Le prime reti di questo genere sono nate negli Stati Uniti alla fine degli anni 90, ma rapidamente si sono diffuse anche in Europa. La Gufi spagnola è una delle più sviluppate, ma anche i tedeschi sono riusciti progressivamente ad estendere la loro da Berlino a quasi tutto il Paese.
In Italia, l’esperimento è partito nella capitale — attualmente l’isola più grande e in grado di fornire più servizi — ma si sta progressivamente estendendo in tutta la penisola. 0ggi ci sono isole di Ninux a Roma, Vicenza. Pisa. Viterbo. Mistrena, Firenze e in Friuli Venezia Giulia. La Calabria è una delle prime regioni ad aver aderito al progetto. «I primi esperimenti — ricostruisce Stelitano — sono nati addirittura una decina di anni fa., ma Ninux ha cominciato concretamente ad essere costruito più o meno un anno e mezzo fa. A fare da catalizzatore al progetto è stato l’Hacklab — la comunità degli hacker – dell’Università di Cosenza – i primi esperimenti sono iniziati lì. Poi ognuno di noi ha costruito un’isola nel proprio territorio».
«Qui a Cosenza, Ninux attualmente riunisce soprtattutto studenti universitari, quindi anche i servizi che abbiamto sviluppato sono relativi a quest’ambito — interviene Stefano De Carlo, collegato in videochat — ma si stanno avvicinando anche persone estranee all’originario gruppo di appassionati di tecnologia che ha dato vita al primo nodo. Nei prossimi mesi, il nostro obiettivo è raggiungere il maggior numero di persone possibile. anche perché uno dei punti di forza di Ninux è che più cresce la rete, più cresce la comunità, maggiori sono i servizi e le opportunità che la comunità stessa ha a disposizione». Un percorso simile anche se in scala ridotta, a quello dell’isola di Catanzaro, nata attorno all’Hacklab e che oggi — piano piano – cerca di coinvolgere anche profani della tecnologia, aggiunge Luigi Smiraglio. «Noi — dice — stiamo cercando di far capire che entrare in Ninux è come decidere di fare il pane a casa. Il sapore e simile a quello dei panifici, ma si possono selezionare gli ingredienti migliori. E soprattutto, non sono le logiche di mercato a stabilire quali siano». L’esperienza reggina invece è partita in maniera diversa. Sulla riva dello Stretto non c’era nessun hacklab cui appoggiarsi per cui si è deciso fin da subito di rivolgersi a una platea di “non addetti ai lavori”. «Qui – spiega Gianni Polimeni, uno dei pionieri del nodo reggino — abbiamo iniziato fin da subito una collaborazione con il gruppo astrofili, infatti uno degli obiettivi per il prossimo anno è la relizzazione di un server che permetta ai vari partecipanti di lavorare da casa sulle stesse fotograie che scattiamo con il telescopio dell’osservatorio». Ma al di là dei progetti specifici, in via di avviamento c’è anche Asterics, un servizio che permette di fare chiamate gratuite fra i partecipanti dell’isola reggina, ma soprattutto – quanto meno in prospettiva — lo sviluppo di Nìnux come infrastruttura di comunicazione di emergenza. «In un territorio sismico come il nostro, in caso di calamità o disastri naturali, la nostra meshnet potrebbe funzionare anche se le reti garantite dagli operatori cadessero», aggiunge Stelitano.

Una vocazione sociale non limitata al territorio reggino, ma che permea tutto lo spirito del progetto.
«Se nel corso delle primavere arabe ci fosse stata la possibilità di avere una rete mesh — dice Stefano Pirrone – per i manifestanti sarebbe stato molto più facile far filtrare i contenuti sulla grande stampa o comunque farli circolare, perché i governi non avrebbero potuto buttarle giù». Inoltre, sottolinea ancora, «lo scandalo del Nsa e le rivelazioni di Snowden, hanno rivelato che Internet è fondamentalmente una rete che si basa sulla fiducia, perché le informazioni viaggiano criptate con codici che sono di proprietà di ditte per lo più americane. Ma agenzie come la Nsa o le varie agenzie antiterrorismo conoscono già tutte le chiavi di crittografia, quindi hanno già violato alla base questo protocollo di fiducia. È impossibile mettere in sicurezza Internet, va ripensata ma è impossibile farlo rimanendo all’interno di Internet stesso. Le reti che guideranno la sperimentazione per un web veramente sicuro e in grado di garantire il fondamentale diritto alla privacy sono le reti mesh come Ninux».