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“Come eravamo: la rete c’era già”

Sunday, May 18th, 2008

Internet è detta la rete delle reti, perché è costituita da varie reti di calcolatori interconnesse dal punto di vista fisico, ma amministrativamente autonome. Se si esclude il necessario coordinamento tecnico, non esiste un’autorità che ha la proprietà o il controllo di Internet o che ne decide le regole: ogni rete è indipendente dalle altre.

Questa struttura è molto simile a quella delle reti comunitarie, create dall’interconnessione di nodi di proprietari diversi, senza un’autorità centrale che possieda o controlli l’intera rete, anche se dal punto di vista tecnico è necessario coordinarsi.

Queste analogie ed altri motivi hanno spinto me e Nino ad assistere all’incontro “Come eravamo: la rete c’era già (molto prima del ’95)”, organizzato dal GARR e Roma Tre.

Il primo a parlare è stato Claudio Allocchio, di come TCP/IP ha vinto la “guerra dei protocolli”. In quegli anni le reti utilizzavano protocolli proprietari come DECnet, o quelli utilizzati in BITNET, ma anche aperti come X.25 o OSI, o IP. Quando si interconnettevano reti diverse bisognava tenere conto di vari problemi di compatibilità. Il Web ancora non era nato, e Internet veniva utilizzata soprattutto per scambiare posta elettronica. I top level domain (.org, .com, .it) non esistevano, gli indirizzi e-mail finivano con .bitnet o .cern e per inviare un messaggio bisognava conoscere la struttura della rete e specificare tutto il percorso che il messaggio doveva seguire.

DECnet veniva utilizzato dalla rete dei fisici italiani ed era considerato un protocollo sicuro, ma un Natale a tutti i fisici arrivò un mail (durante l’incontro i relatori hanno usato sempre il maschile) che aveva come mittente “Babbo Natale”, come destinatatio “Tutti i bambini della Terra” e nel quale si augurava un Buon Natale a tutti. Fu scandalo e furono individuati i responsabili, ovvero Claudio Allocchio e Blasco Bonito. La DEC li invitò a Cambridge nella loro sede centrale, dove dopo un incontro, a quanto pare amichevole, tornarono con i nastri dell’intero codice sorgente del sistema operativo della DEC: il VMS. Altri tempi, insomma 🙂 Come se oggi chi riuscisse a capire i meccanismi interni di Windows venisse premiato dalla Microsoft con il codice sorgente di Windows

I computer e le reti erano gestite quasi esclusivamente da informatici e fisici, ma quando ad una biologa fu mostrato un computer collegato ad una rete e “PHONE”, uno dei primi programmi di chat, la biologa si innamorò dell’informatica ed abbandonò la biologia.

Alcune linee erano affittate dalla SIP, e realizzate con cavi saldati tra loro. Il debugging della rete spesso si faceva semplicemente collegando un telefono. Se si alzava la cornetta e si sentiva una voce dall’altro lato, allora voleva dire che qualche tecnico SIP aveva trovato questi cavi e, pensando di fare un buon lavoro, li aveva collegati alla centralina.

A quei tempi Tim Berners Lee mostrava la sua invenzione, il World Wide Web, in un sottoscala, dicendo che era l’ideale per leggere i manuali. Nessuno ne aveva capito le potenzialità, mentre oggi addirittura molti identificano Internet con il Web.

Nella babele dei protocolli, TCP/IP si è affermato per vari motivi: era disponibile per quasi tutte le architetture, il codice era liberamente disponibile ed il protocollo aperto concorrente, OSI, utilizzato soprattutto in Europa, era troppo lento (aveva il limite teorico a 2 megabit).

Slide con penisola italiana

Il già citato Blasco Bonito e Giulietta Vita Finzi hanno parlato dell’interconnessione tra la rete della ricerca italiana e ARPANET (nata da un accordo tra università americane e DARPA, la rete militare) avvenuta via satellite nell’86, collegando anche alcune nazioni europee. Il collegamento, a 64 kilobit, era costato 210 milioni di dollari.

slide con diagramma interconnessione via satellite

Joy Marino, invece, ha parlato della sua doppia vita di professore presso l’università di Genova e appassionato di sistemi UNIX, coinvolto nell’associazione italiana utenti UNIX, che racchiudeva persone che provenivano dall’università, dalla ricerca e dall’industria e che ha dato vita alla rete IUNET, con finanziamenti privati, senza aiuto da parte delle università. Questa rete inizialmente aveva anche una legalità dubbia, visto che tutte le telecomunicazioni dovevano passare per SIP, che ne aveva il monopolio, e quindi hanno dovuto trovare un escamotage legale, dichiarando di utilizzare la rete esclusivamente per fare comunicazioni agli iscritti dell’associazione.

slide con foto in bianco e nero

Giorgio Giunchi, storico dell’internetworking e curatore di cctld.it, ha definito gli altri relatori i ragazzi di via Palisperna di Internet. Ha raccontato di una volta in cui Claudio Allocchio ha lanciato un razzo dal giardino di casa, comparso sui radar dell’aeroporto che si trovava a circa 10 km di distanza, ha detto che Internet è una rete decentralizzata fatta perché ognuno possa parlare con gli altri senza intermediari e che prevede che ognuno sia responsabile per sé stesso. I tentativi di filtrare i contenuti di Internet sono come mettere una diga in fondo all’oceano, e la sua raccomandazione per i giovani è di “adoperare questa macchina e non farsi mettere un chip in quel posto”. The Internet is for everyone!

rete centralizzata decentralizzata distribuita

Dopo gli interventi degli altri relatori, focalizzati soprattutto sulla rete GARR, è stata data la parola al pubblico (in particolare ad MFP). Da varie domande della platea e rispettive risposte è emerso che l’apertura dei protocolli e la collaborazione sono modelli vincenti, ed il fatto che nei Paesi Bassi sia legale per i privati cittadini scavare il terreno per passare cavi o fibre ottiche, ha aiutato molto lo sviluppo della loro rete.

Quindi il microfono è capitato nelle mani di Nino, che ha preso la parola ed ha detto che ascoltando i racconti dei relatori, sembra che i problemi incontrati alla nascita di Internet siano simili a quelli incontrati dalle reti comunitarie oggi in Italia, quindi ha domandato a Claudio Allocchio se aveva qualche consiglio da darci. Il suo consiglio è quello di osare, cercando di vedere i limiti non come invalicabili, ma come una zona grigia.

Insomma, un incontro veramente interessante. Mi dispiace solo di non aver pensato a chiedere autografi… Sarà per la prossima volta… 🙂

Ciao,
Clauz