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Lettera Aperta all’Unione Europea

Wednesday, April 12th, 2017

Lo scorso 16 Marzo più di 25 community network europee, supportate da oltre 35 organizzazioni da tutto il mondo, hanno inviato una lettera aperta ai policy-makers della UE. Ora che l’Unione Europea sta andando verso una riforma sostanziale delle politiche sulle telecomunicazioni, la lettera include diverse raccomandazioni per assicurare la continuità nello sviluppo di queste iniziative dei cittadini, che costituiscono un modo alternativo, democratica e sostenibile, per gestire infrastrutture di telecomunicazioni e raggiungere gli obiettivi delle politiche sulla banda larga.

Ninux.org è tra i primi firmatari della lettera, menzionata in recenti articoli e sotto riportata tradotta in italiano.

Questa lettera segue l’iniziativa promossa dalla free software foundation a favore dei firmware open source.

Preambolo

Noi rappresentiamo le Reti Comunitarie (Community Networks – CN) europee, un movimento in via di espansione che raccoglie organizzazioni che gestiscono infrastrutture di comunicazione a livello locale, talvolta fra loro associate a livello regionale o nazionale. Queste reti, la maggior parte delle quali fornisce anche accesso ad Internet, sono gestite come un bene comune. Ciò significa che, anziché essere gestite al fine di fare profitto, il nostro principale obiettivo è di fornire connettività e allo stesso tempo incoraggiare la democrazia, l’inclusione sociale, l’istruzione e i diritti umani con riferimento alle tecnologie della comunicazione e delle telecomunicazioni.

Le nostre organizzazioni differiscono molto fra loro in termini di grandezza, tipologia delle infrastrutture e cultura politica. Nonostante tali diversità, siamo uniti dall’obiettivo comune di costruire reti che vadano incontro alle esigenze comunicative umane (anziché a quelle di oggetti o macchine) mediante reti che siano costruite e gestite da e per le nostre comunità, focalizzate sulla legittimazione delle comunità locali, sulla convenienza economica e sull’affidabilità e sull’accessibilità economica e culturale.

Attualmente, l’insieme delle nostre reti fornisce connettività a banda larga non solo a decine di migliaia di cittadini e residenti dell’Unione Europea, in contesti urbani o rurali, ma anche a numerose organizzazioni, comprese piccole medie imprese, scuole, centri sanitari, progetti sociali e via dicendo. In molti casi, siamo stati in grado di surclassare gli operatori commerciali fornendo connettività ad Internet più veloce e più economica rispetto agli operatori esistenti. Grazie alle nostre infrastrutture e attraverso le nostre diverse attività favoriamo esperimenti scientifici e ingegneristici, aiutiamo le realtà locali di fornitura di servizi e gestione dei dati a collaborare al fine di condividere investimenti e costi; supportiamo infine l’alfabetizzazione informatica e la sovranità dei dati attraverso seminari ed altre attività formative.

Nonostante i nostri risultati, fino ad oggi le istituzioni nazionali ed europee hanno per lo più ignorato la nostra esistenza e le nostre esigenze a livello normativo. Peggio ancora, le normative spesso ostacolano le nostre iniziative, rendendo il lavoro dei volontari e di coloro che prendono parte alle nostre attività più gravoso di quanto dovrebbe essere. Questo è il motivo per cui, nel momento in cui Voi iniziate a lavorare sul “Codice delle comunicazioni elettroniche europeo”, abbiamo deciso di contattarvi e dare voce alla nostre idee fornendo raccomandazioni relative al futuro del quadro normativo e politico che regolamenta le nostre attività.

Eliminare oneri finanziari e normativi non necessari

Innanzitutto vi chiediamo di rivedere il quadro normativo esistente e di eliminare gli oneri normativi non necessari, quali tariffe o burocrazia che non sia necessaria o sia illegittimamente imposta su enti non profit di piccole dimensioni. In Belgio, ad esempio, il canone di registrazione che gli operatori di telecomunicazioni devono pagare all’autorità di registrazione nazionale è di 676€ per la prima registrazione e di 557€ per ogni anno successivo (ciò per gli operatori i cui ricavi siano inferiori al milione di euro, come la maggior parte delle CN). Anche questi piccoli canoni sono in grado di ostacolare la crescita di piccole reti che possono servire in modo efficace decine di famiglie. In Francia, Spagna e Germania, non vi sono questi canoni e ciò può essere una spiegazione del perché in tali paesi il movimento delle CN è molto più vivo. La proposta di Codice delle comunicazioni elettroniche mira ad armonizzare le procedure per i canoni sia per la prima registrazione (declaration fees) che per gli anni successivi (annual fees). Il legislatore europeo deve garantire che tali canoni imposti dalle agenzie di registrazione nazionale siano inesistenti o ininfluenti per gli Internet Service Providers non profit e per le micro e piccole imprese. Allo stesso modo, il sistema fiscale per le grandi società del settore delle telecomunicazioni non dovrebbe applicarsi ai piccoli operatori non profit, né tantomeno alle reti comunitarie.

Eliminare la responsabilità indiretta per chi condivide la propria connessione ad Internet

Numerose leggi cercano di prevenire la condivisione delle connessioni ad Internet tra più utenti rendendo il titolare della connessione responsabile (potenzialmente anche in sede di risarcimento danni) per tutte le comunicazioni effettuate attraverso la sua connessione Wi-Fi, creando un rischio giuridico per coloro che condividono la propria connessione. In Germania, i titolari di diritti hanno utilizzato una dottrina relativa alla responsabilità indiretta per fermare l’espandersi del fenomeno CN. In Francia, la legge sul diritto d’autore impone un regime di responsabilità indiretta che produce una significativa incertezza giuridica per coloro che condividono la propria connessione con altri utenti. Il cosiddetto “semplice trasporto” previsto nel diritto dell’UE a partire dal 2000 dalla direttiva sui servizi della società dell’informazione deve essere garantito e reso applicabile a punti di accesso che coprono piccole aree. Nello stesso senso, clausole contrattuali che proibiscono agli abbonati di condividere le loro connessioni con altri dovrebbero essere proibite. La promozione di un diritto a condividere la connessione ad Internet è più che vitale considerata la crisi economica ed ecologica, nonché il rapido incremento di popolazioni che non possono permettersi l’accesso ad Internet. In questo contesto, condividere la connessione può giocare un ruolo fondamentale nel promuovere un uso delle infrastrutture di telecomunicazioni più equo e sostenibile.

Garantire l’accesso alle frequenze come bene comune

Non è solo l’accesso alla rete che deve poter essere condiviso, ma va regolamentato e protetta quella l’infrastruttura intangibile su cui viaggiano i segnali elettromagnetici delle reti libere: le bande ad uso comune. Wi-Fi usa le porzione esenti da licenze dello spettro e, pertanto, beni comuni accessibili a tutti. La disponibilità di bande esenti da licenze dedicate alla libertà di comunicazione è un fattore fondamentale per le reti comunitarie che vogliono creare delle infrastrutture di accesso economiche e flessibili. Tuttavia, queste frequenze sono attualmente molto limitate. Inoltre, non stanno solo diventando progressivamente soggette a congestione nelle zone densamente abitate, ma sono anche esposte all’utilizzo da parte di tecnologie che usano le stesse frequenze (le bande ISM), ma essendo molto più aggressive (come LTE-U) minano la possibilità di realizzare reti Wi-Fi libere. Infine, ma non meno importante, le bande ISM esistenti (5,6 Ghz e 2,4 Ghz) hanno limiti fisici che ne prevengono l’utilizzo per collegamenti radio di media distanza. Di fronte a queste difficoltà, è necessario un nuovo approccio alla regolamentazione dello spettro. I policy-maker dovrebbero espandere le bande Wi-Fi libere. Altre bande di frequenza dovrebbero essere inoltre rese disponibili per uso senza licenza o, laddove non possibile, sulla base di schemi autorizzativi convenienti e flessibili. Tali bande di frequenza includono per esempio anche i cosiddetti “white spaces” in frequenza basse (che permette di effettuare collegamenti resilienti ed economici su lunga distanza), così come le bande a 12Ghz e a 60Ghz (per l’utilizzo delle quali esistono apparecchiature radio economiche che possono aiutarci a costruire collegamenti radio di media distanza e grande capacità. Queste risorse, una volta rese accessibili alle reti comunitarie, possono aiutare a sviluppare ed espandere infrastrutture wireless economiche e resilienti.

Aggiornare le regole di accesso aperto alle infrastrutture di telecomunicazione

Reti costruite con i soldi dei contribuenti dovrebbero essere considerate come beni comuni e, come tali, rimanere libere da acquisizioni commerciali. Oggi, la loro gestione e il loro sfruttamento sono spesso delegati dalle autorità pubbliche ad operatori commerciali. Questi ultimi spesso adottano schemi aggressivi di determinazione del prezzo pensati per gli operatori gli esistenti e che rendono estremamente costoso per i piccoli access provider interconnettersi a queste reti. L’accesso da parte di organizzazioni non profit come le community networks e da parte di piccole aziende a reti finanziate con soldi pubblici dovrebbe essere assicurato ed effettuabile ad un costo ragionevole e proporzionato. Allo stesso modo, le CN spesso non possono accedere alle infrastrutture private degli operatori esistenti, nonostante ciò sia il solo modo per connettere eventuali utenti disponibili. Invero, in molti mercati europei, la stesura delle reti di accesso in fibra ottica sta (ri)creando condizioni monopolistiche sui circuiti locali attraverso schemi di prezzo che precludono ai piccoli attori di mercato l’accesso a queste reti. I policy-maker e i legislatori dovrebbero assicurare che ogni area sia coperta da almeno un operatore di telecomunicazioni che offra un servizio di trasporto (bitstream) accessibile ed economicamente sostenibile per i piccoli operatori operatori locali.

Proteggere il software libero e la libertà degli utenti per le apparecchiature radio

Nel 2014, l’Unione Europea ha adottato la Direttiva 2014/53 sulle apparecchiature radio. Sebbene la Direttiva persegua obiettivi politici validi, potrebbe in realtà ostacolare lo sviluppo delle reti comunitarie. Invero, le reti comunitarie normalmente necessitano di sostituire il software inserito nelle apparecchiature radio dal costruttore con del software open source più flessibile, efficiente e personalizzabile, ideato specificatamente per far fronte alle loro esigenze; fra le altre cose, le procedure di sviluppo condiviso del software garantiscono maggiore affidabilità, assenza di vulnerabilità di sicurezza e incoraggia il riciclo di componenti hardware. L’art. 3.3(i) della menzionata Direttiva spinge giuridicamente i produttori garantire che l’insieme hardware e software che compone il dispositivo sia conforme alla normativa europea. Di conseguenza, i produttori sono fortemente incentivati a bloccare i loro dispositivi e a prevenire modifiche anche software che alterino il comportamento del dispositivo, rendendo di fatto inutilizzabili molti dispositivi per l’uso nelle reti comunitarie. Pertanto noi chiediamo alle istituzioni di creare un’eccezione generale per tutto il software libero installato sulle apparecchiature radio da parte di utenti finali ed operatori (questi ultimi resi responsabili se il loro software comporta violazioni del quadro legislativo relativo alle interferenze elettromagnetiche) al fine ultime di salvaguardare i diritti degli utenti.

Abrogare gli obblighi generalizzati di ritenzione dei dati

Le reti comunitarie si battono per la salvaguardia dei diritti umani nelle reti di comunicazione e in particolare per il diritto alla riservatezza e alla confidenzialità delle comunicazioni. Pur accogliendo con favore i recenti orientamenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che sanciscono che l’indiscriminata ritenzione di metadati viola la Carta dei Diritti Fondamentali, siamo preoccupati per la volontà di numerosi stati membri di eludere questa giurisprudenza al fine di proteggere le proprie capacità di sorveglianza indiscriminata. Considerato che il legislatore europeo sta iniziando a discutere la revisione della Direttiva ePrivacy, ci appelliamo ad esso affinché si opponga ad obblighi generalizzati di ritenzione dei dati e chiuda i vuoti normativi esistenti affinché ai fornitori di servizi di comunicazione possano essere imposti obblighi di ritenzione dei dati limitati, circoscritti e motivati.

Concedere supporto pubblico diretto e mirato

Innumerevoli altre iniziative politiche possono supportare le reti comunitarie e i significativi benefici ad esse associati. Tali iniziative includono piccoli finanziamenti, crowd-funding e sussidi che aiutino i nostri gruppi ad acquistare server e apparecchiature radio, divulgare le nostre iniziative, darci accesso alle infrastrutture pubbliche (per esempio, il tetto di un edificio pubblico per installare un’antenna), ma anche supportare le loro ricerche sulle trasmissioni radio, sulle tecniche di instradamento, sul software o sulla protezione delle comunicazioni e dell’informazione. Come molte autorità locali hanno sperimentato, supportare le reti comunitarie è una valida strategia politica. Mentre il legislatore europeo si muove verso l’iniziativa WiFi4EU, vorremmo ricordarvi che siamo stati pionieri in diversi casi di offerta di punti di accesso gratuiti. Riteniamo che i soldi pubblici investiti in questa iniziativa dovrebbero innanzitutto essere rivolti a gruppi che perseguano una logica di crescita organica dal basso, finanziando gruppi locali che possano promuovere il potenziamento e la coesione delle comunità locali, incentivare la competitività e raggiungere gli stessi obiettivi socio-economici con una piccola frazione del costo che imposto dagli operatori commerciali di telecomunicazioni.

Aprire il processo di policy-making alle reti comunitarie

Sebbene abbiamo spesso collaborato con municipalità e autorità pubbliche locali, chiediamo che i regolatori nazionali ed europei prestino maggiore attenzione alle nostre attività quando concepiscono nuove normative. Le reti comunitarie hanno sia la competenza che la legittimazione necessarie per essere parte integrante dei dibattiti tecnici e giuridici sulle politiche relative alla banda larga in cui gli ISP tradizionali e commerciali sono sovra-rappresentati. Le reti comunitarie possono portare una visione informata a questi dibattiti, permettendo dei processi di policy-making maggiormente in armonia con il pubblico interesse.

Vi ringraziamo per la Vostra attenzione e saremo molto lieti di poter collaborare con Voi su questi importanti temi.

I firmatari

EU contro i firmware open source: fai sentire la tua voce

Tuesday, April 26th, 2016

no_openwrt

Una direttiva dell’Unione Europea approvata nel 2014 rischia di avere conseguenze molto negative per chi utilizza firmware open source come OpenWRT e DD-WRT.

Abbiamo firmato e tradotto un’iniziativa della Free Software Foundation Europe che mira ad informare e sensibilizzare le comunità e le aziende colpite dalle conseguenze negative ad unire le forze per fare pressione a livello nazionale ed Europeo affinchè vengano introdotte delle eccezioni che permettano di mitigare i rischi di questa direttiva.

Segue la traduzione dell’iniziativa di Free Software Foundation Europe.

Direttiva EU per blocco dispositivi radio

I segnali radio sono dappertutto e sempre più dispositivi li utilizzano, wifi, reti cellulari, GPS. Di pari passo aumentano anche le normative sull’utilizzo di tali segnali radio.
Ora, una direttiva Europea punta a rivedere ed estendere le regolamentazioni chiedendo ai produttori di apparecchiature radio di controllare che i software dei propri dispositivi rispettino le norme.
A prima vista può sembrare ragionevole ma la direttiva ha delle implicazioni fortemente negative per i diritti degli utenti, per il Software Libero, per la concorrenza leale, per l’innovazione, per l’ambiente e per il volontariato – perlopiù senza benefici altrettanto grandi, sfortunatamente.

Molte organizzazioni e aziende hanno firmato una Dichiarazione Congiunta contro la Direttiva per il Blocco degli Apparati Radio  in cui abbiamo formulato diverse proposte rivolte alle istituzioni Europee e agli stati membri dell’Unione con dei punti concreti per risolvere tali problematiche.

La direttiva in sintesi

Nel maggio 2014 il Parlamento Europeo e il Consiglio Europeo hanno approvato la Direttiva 2014/53/EU sui dispositivi radio. Gli scopi principali della direttiva sono l’armonizzazione delle regolamentazioni esistenti, il miglioramento della sicurezza dello spettro radio e la tutela della salute.

Tutti gli stati membri devono recepire la direttiva nelle loro legislazioni nazionali entro il 12 Giugno 2016 con un periodo di transizione di un anno. I paesi solitamente hanno un certo margine interpretativo nel processo di attuazione.
La direttiva di per sè non è male e in generale sosteniamo il suo obbiettivo. Tuttavia, riguardo alla valutazione di conformità del software, sembra che i legislatori abbiano svantaggiato in modo sproporzionato i diritti degli utenti e la concorrenza leale.

Infatti, ad essere interessati dalla normativa sono quasi tutti i dispositivi in grado di inviare e ricevere segnali radio (Wifi, reti cellulari, GPS). L’articolo 3.3(i) è il punto cruciale: i dispositivi radio devono supportare “alcune caratteristiche che impediscono di introdurre un software nell’apparecchiatura radio, se non è stata dimostrata la conformità della combinazione dell’apparecchiatura radio e del software”. Questo implica che i produttori di dispositivi radio dovranno valutare la conformità alle normative in materia (ad esempio relativamente a frequenza e potenza del segnale) di ogni software che può essere utilizzato sui loro dispositivi.

I pericoli per il Software Libero

La Direttiva 2014/53/EU sui dispositivi radio avrà ricadute negative sugli utenti e sulle aziende. Poichè i produttori di apparecchiature radio dovranno controllare il rispetto delle norme da parte di ogni software (Art. 3.3(i)), ci aspettiamo che diventi difficile o quasi impossibile per utenti e aziende l’utilizzo di software alternativo sui dispositivi acquistati – router, cellulari, schede wifi e i portatili che le integrano, o quasi tutti i dispositivi dell’internet delle cose (IoT) in futuro.

Questo, oltre ad essere un onere per i produttori, costituisce anche una violazione del diritto a scegliere da parte degli utenti.
Gli utenti saranno costretti ad usare il software sviluppato dai produttori e non potranno più scegliere hardware e software separatamente. Questo aspetto è cruciale perchè i software alternativi, sopratutto il Software Libero, spesso soddisfano specifici requisiti di sicurezza, caratteristiche tecniche, aderenza a standard o determinati requisiti legali.

Lo status quo erige delle barriere che rendono la vita difficile a quegli utenti che vogliono avere pieno controllo del loro software e del loro hardware. Un numero crescente di dispositivi usa i segnali radio, fra questi alcuni dispositivi sensibili come cellulari, computer, apparecchiature domestiche, dispositivi per il collegamento ad internet di utenti domestici e aziende. Per il bene della sicurezza e della concorrenza leale dobbiamo permettere che le persone siano sempre in grado di scegliere quale software installare sui propri dispositivi senza impedimenti aggiuntivi, purchè il software scelto rispetti le norme in vigore (vedere il paragrafo sulla sicurezza).

Gli effetti negativi sono già visibili. Diversi produttori hanno già implementato nei loro dispositivi controlli sul software installato. Questi controlli sono eseguiti per mezzo di software proprietario integrato e non rimovibile, software che non rispetta i diritti degli utenti e la loro richiesta di maggior controllo sui propri dispositivi.
In futuro temiamo l’impiego di controlli più invasivi, in grado non solo di controllare il software utilizzato ma anche, ad esempio, l’esatta posizione o il comportamento dei propietari. Alla fine sarà sempre più difficile, se non impossibile, liberarsi da software che va contro i nostri interessi, come ad esempio spiare un utente o un’azienda.

I pericoli per la concorrenza

Ci sono molte aziende che dipendono dall’uso di software alternativo e Software Libero sui dispositivi radio. Fra questi i WISP (Wireless Internet Sevice Provider), gli sviluppatori di sistemi operativi mobile orientati alla sicurezza e i programmatori che lavorano a firmware personalizzati o più efficienti su determinati hardware preesistenti. Tutti questi soggetti si troverebbero svantaggiati nei confronti dei grandi produttori e del loro software pervasivo. I software alternativi sono la base dei prodotti di molte aziende e dovremmo evitare che vengano penalizzati.

Ci aspettiamo effetti negativi sopratutto sulle piccole e medie imprese. Primo per il pericolo che la conformità del loro software non venga valutata dai produttori o quantomeno che venga valutata con grossi ritardi. Secondo a causa degli alti costi che le grandi aziende devono sostenere per verificare scrupolosamente ogni firmware (vedere citazione 29 all’inizio della direttiva). Questo si ripercuoterà negativamente anche sulle startup.

Dal punto di vista legale ci aspettiamo problemi con le licenze esistenti, ad esempio con la licenza GNU GPL. Questa licenza richiede che tutte le parti del software vengano rilasciate con la stessa licenza o con una licenza compatibile. I produttori che si troveranno a dover includere software propietario potrebbero infrangere i termini della licenza GNU GPL. Questo costringerebbe i produttori che non possano o non vogliano includere software propietario a riscrivere da zero gran parte del codice, cosa che sarebbe impossibile per molte aziende e che rappresenterebbe un serio freno allo sviluppo.

Innovazione, volontariato, sostenibilità

Se la direttiva entrerà in vigore senza le necessarie eccezioni (vedi sotto) avrà effetti negativi sulle condizioni basilari per l’innovazione. Si progredisce imparando dagli sviluppi passati e muovendosi verso nuovi percorsi. Se tutti i dispositivi per le comunicazioni sono bloccati lo sarà anche una enorme parte dell’innovazione.

Lo stesso vale per iniziative di beneficenza e organizzazioni che dipendono dall’uso di software custom sui proprio dispositivi. L’impegno di associazioni di volontariato, ad esempio Freifunk, che aiuta le persone bisognose a connettersi ad internet, diventerebbe vano o comunque severamente svantaggiato. Poichè siamo sicuri che non fosse intenzione delle istituzioni Europee creare questi problemi, chiediamo che siano apportate delle modifiche a nostro avviso necessarie.

Inoltre l’uso di software alternativo su dispositivi radio (e non) promuove un’economia sostenibile. Ci sono molti dispositivi ancora perfettamente funzionanti ma non più aggiornati dai produttori. Nella maggior parte dei casi il Software Libero garantisce un periodo di supporto più lungo, ciò evita che gli utenti e i clienti debbano dismettere dispositivi elettronici ancora funzionanti. Inoltre, questo migliora anche la sicurezza degli utenti dato che l’hardware più vecchio continua a ricevere aggiornamenti di sicurezza anche dopo che un produttore smette di supportarlo.

Parliamo di sicurezza

Siamo a favore dell’obiettivo della direttiva che mira a migliorare la sicurezza dei dispositivi radio, ma non a scapito delle libertà dell’utente e della sicurezza in altre aree. Primo, installare software alternativo nella maggioranza dei casi aiuta a migliorare la sicurezza del dispositivo. Secondo, siamo convinti che regolamentazioni così severe non siano necessarie per i classici dispositivi consumer con potenza trasmissiva limitata. Terzo, crediamo che tali restrizioni tecniche non fermeranno le persone intenzionate a violare le norme vigenti in materia di radio frequenze. In particolare i progetti firmware del Software Libero sono molto avanzati in termini di misure di sicurezza, non ultimo perchè gli errori tecnici vengono risolti rapidamente in modo collaborativo e trasparente. Le soluzioni software alternative hanno perlopiù cicli di supporto più lunghi di quelli del firmware della casa madre.

Molti progetti di Software Libero che sviluppano firmware per dispositivi consumer rispondono alla richiesta di maggior sicurezza e funzionalità in genere non presenti nei firmware originali.
Allo stato attuale la direttiva svaforisce la sicurezza dei dispositivi radio e impedisce ad utenti e aziende la scelta di software più sicuro. Se il software di un dispositivo violasse realmente le normative sulle radiofrequenze, sarebbe molto più efficiente supportare gli autori del software piuttosto che limitare l’indipedenza degli utenti su vasta scala.

Le nostre proposte

Abbiamo formulato diverse proposte all’Unione Europea e agli Stati Membri. Molte organizzazioni e aziende che supportano questi obiettivi hanno firmato una Dichiarazione Congiunta contro la Direttiva per il Blocco degli Apparati Radio. Invitiamo anche la tua organizzazione o azienda ad esprimere la sua opinione.

Cosa ci aspettiamo dalle Istituzioni dell’UE

Chiediamo alla Commissione Europea di adottare atti delegati – come permesso dal Parlamento Europeo e dal Consiglio (articolo 44) – che attuino una delle due proposte:

  • fare delle eccezioni per tutto il Software Libero non sviluppato dai rispettivi produttori di dispositivi radio ma da altre aziende o individui;
  • mantenere la responsabilità per le modifiche effettuate al prodotto certificato a carico dell’utente e non del produttore. L’utente è già responsabile del rispetto delle normative se effettua cambiamenti hardware, quelli software non dovrebbero essere trattati diversamente.

Cosa ci aspettiamo dagli Stati membri dell’UE

Chediamo ai leglislatori degli Stati membri di:

  • interpretare le disposizioni della direttiva in modo tale che il Software Libero possa essere ancora installato su dispositivi radio senza discriminazioni, e che siano salvaguardati i diritti degli utenti. Come indicato alla citazione 19 nell’introduzione della direttiva, i fornitori di software di terze parti, come i progetti di Software Libero, non dovranno essere svantaggiati;
  • assicurarsi che i piccoli e i medi produttori non siano gravati eccessivamente dall’obbligo di valutare la conformità di tutti quanti i software alternativi;
  • assicurarsi che gli utenti non siano costretti ad installare software non libero.

Fonte: EU Radio Lockdown Directive – Free Software Foundation Europe.

Wireless in Catalogna – day 2

Tuesday, June 23rd, 2009

Quindi dopo una notte in ostello, mi inoltro nella campagna ed arrivo alla stazione di Vic. Mi aspetto di trovarmi davanti un ragazzo della mia età, una specie di Nino in versione catalana, e invece vedo che Ramon è un signore sulla quarantina. Dopo le dovute presentazioni andiamo alla piazza centrale del paese, dove ci sono alcuni nodi di guifi, camuffati per rispettare i vincoli del centro storico.

Davanti ad un caffè, spiego a Ramon che in confronto alla loro rete, la nostra è molto piccola, e che uno dei motivi è il fatto che in Italia le leggi non sono favorevoli alla costruzione di reti wireless comunitarie, sia per quanto riguarda i collegamenti su suolo pubblico, sia per fornire Internet e per la data retention. Ramon mi dice che secondo una direttiva europea, cioè la 2002/20 (che ancora non ho avuto il tempo di leggere, n.d.a.), chiunque può diventare operatore di telecomunicazioni, e se si opera nella banda libera e senza scopo di lucro allora non c’è nemmeno bisogno di chiedere autorizzazioni. In più la direttiva dice che i Paesi membri dell’Unione Europea avevano un tempo limite entro il quale aderire, e dopo quel tempo sarebbe stata valida la direttiva anziché le leggi locali. Inoltre, tramite la fondazione guifi, ci potrebbero dare una mano su questo fronte.

Per quanto riguarda la campagna catalana, invece, non c’è banda larga fuori dai paesi, perché agli operatori non conviene. Ma visto che il comune ha la banda larga, e visto che questa viene pagata dai cittadini, invece di essere costretti ad andare in biblioteca negli orari stabiliti per fare una semplice ricerca scolastica, hanno pensato bene di mettere su una rete wireless. Con la partecipazione di comuni, privati cittadini e negozianti, che vendono nodi di livello professionale già pronti e/o si fanno pagare per eseguire le installazioni o operazioni di manutenzione, gufi è cresciuta molto in fretta, fino ad arrivare, appunto, a circa 7 mila nodi. E’ successo anche che una catena di supermercati della zona volesse collegare tra di loro i suoi edifici, e ci è riuscita passando attraverso guifi.

Quindi lasciamo la piazza principale di Vic per andare a fare un giro in campagna e per andare da una signora che ha dei problemi di collegamento. Per la strada, Ramon mi mostra alcune installazioni, spesso su edifici posseduti dal comune, in uno dei quali avevano addirittura una sala server di guifi. Da edifici piuttosto alti e con i 5Ghz (frequenza poco affollata ma che si sta riempendo in fretta), riescono a fare collegamenti lunghi e stabili, ma, mi dice Ramon, non come gli ateniesi, che sono i maghi del tuning (“they are very geeky”) e che riescono ad ottenere throughput da favola, provando a regolare tutti i parametri in tutti i modi.

Arriviamo quindi alla villa con i problemi di collegamento. Una simpatica signora ci accoglie e ci porta in balcone, dove noto subito una NanoStation, come quelle con cui stiamo smanettando ultimamente a Roma. Da lì parte un cavo fino al piano di sotto, dove c’è una scatola con un WRT, usato per connettersi da dentro la casa. Non risolviamo il problema, in parte perché la soluzione non è immediata (il WRT è morto e non sembra abbia intenzione di riprendersi), ed in parte perché dovrebbe essere chi ha fatto l’installazione ad essere richiamato per le operazioni di manutenzione, altrimenti la rete non scala.

Tornati in macchina, passiamo vicino all’autostrada e in alto, in cima a dei pali, ci sono delle telecamere di videosorveglianza. Sono la prova che sotto l’autostrada c’è connettività: fibra ottica, pagata dai cittadini e sfruttata soltanto in minima parte. Tramite la fondazione guifi sperano di riuscire ad avere la gestione anche della fibra ottica dell’autostrada e di consentirne quindi l’accesso a tutti. Un primo successo è stato il far firmare ad un sindaco delle vicinanze un documento in cui si dichiara l’intenzione di dar vita al progetto di interconnessione in fibra tra paesi (lo stesso progetto di cui mi aveva parlato Roger), ed in cui si coinvolge anche la fondazione.

A casa di Ramon c’è un piccolo traliccio con sopra quattro antenne puntate in direzioni diverse, connesse ad una Microtik. Ha un bell’ufficio-laboratorio, con vari computer, telefoni voip ed apparati sparsi. Quindi conosco la sua famiglia, con la quale pranzo, cercando di carpire i discorsi in catalano e gustando un fantastico gaspacho. Salutiamo, visto che Ramon mi da un passaggio fino in aeroporto.

Insomma, un’esperienza molto costruttiva che mi ha fatto capire che una rete comunitaria per essere messa in piedi ha bisogno di un impegno consistente dal punto di vista organizzativo e strutturale, che i buoni rapporti con le istituzioni possono dare una bella accelerata, che la componente tecnica è importante, ma che non deve essere per forza la priorità, anche se è la parte più divertente.

Spesso spiegando a qualcuno cos’è una rete wireless comunitaria mi sento come se parlassi di un’utopia irraggiungibile, mentre guifi è molto concreta: un esempio di modello di sviluppo alternativo messo in pratica che bisognerebbe far conoscere anche in Italia.

Ciao,
Clauz.

Wireless in Catalogna – day 1

Tuesday, June 23rd, 2009

Trovandomi dalle parti di Barcellona, invece di fare il solito giro turistico ho pensato bene di seguire il consiglio di Juergen Neumann, di Freifunk, e cioè di andare a trovare i membri di guifi, una wireless community network molto grande ed attiva in Catalogna.

A Barcellona ho un appuntamento con Roger, già conosciuto al Wireless Community Weekend 2008. Mi spiega che in realtà in città non ci sono molti nodi e che la maggior parte della rete si trova in campagna. Comunque andiamo a casa sua, non lontano dal centro, dove Roger ha dei nodi in balcone, costruiti con una Microtik, una Alix, antenne a pannello ed un server nell’armadio, e dove incontriamo Sebastian, un altro membro della community catalana.

Mi spiegano che un motore importante della crescita della loro rete, che ha raggiunto i 7 mila nodi, è il sito Web. Registrandosi sul sito, si può progettare un nodo attraverso un wizard, scegliendo la posizione geografica, il tipo di hardware, ed ottenendo sia la lista dei nodi vicini a cui è possibile collegarsi, con tanto di dati sugli ostacoli naturali presenti in linea di vista, sia uno script di configurazione, provvisto di indirizzi IP, di solito da copiare ed incollare sulla pagina di configurazione del nodo/router. Per provare il sistema di guifi, si può andare su test.guifi.net, registrarsi e progettare un nodo, che rimarrà sul server di test senza contaminare il vero database dei nodi. Il codice sorgente del sito (in particolare un plug-in di drupal con il wizard di cui sopra) è liberamente disponibile.

La maggior parte degli apparati della rete sono Microtik, con il firmware originale. I link punto-punto sono fatti in WDS, e per la stabilità del link, se una radio fa un collegamento punto-punto, fa solo quello. Se si vuole anche la modalità AP, si utilizza un’altra interfaccia radio dedicata solo alla modalità AP. Alcuni nodi, invece, sono apparati, anche economici, in modalità managed. Alla fine quella che si ottiene è una rete con una topologia gerarchica, in cui, cioè, alcuni nodi sono più importanti di altri (supernodos) ed in cui i nodi finali non “ridistribuiscono la connessione” ai propri vicini. In questo modo, si hanno nodi piuttosto costosi, soprattutto nel backbone, ma a quanto pare i collegamenti sono molto stabili e performanti.

Per quanto riguarda i protocolli di routing, necessari quando un collegamento wireless smette di funzionare, fanno girare OSPF e BGP, anche se a quanto pare in alcune piccole zone si sta sperimentando con OLSR, B.A.T.M.A.N. e B.A.T.M.A.N. Experimental, utilizzando apparati in modalità ad-hoc.

Nella loro rete ci sono vari servizi locali: server VoIP, server di giochi, radio online, etc. E anche la connessione al World Wide Web è considerata un servizio: per uscire dalla rete guifi ed “andare su Internet”, infatti, il meccanismo più utilizzato è quello dei proxy autenticati. In questo modo per l’utente c’è il vantaggio di poter scegliere il proxy da utilizzare e, per chi fornisce l’accesso al Web (comune o società che sia), c’è la possibilità di autenticare gli utenti. In più non è l’utente che si connette direttamente al Web, ma l’utente che chiede al proxy di scaricare una pagina per lui, e questa sottile differenza in alcuni casi può far comodo dal punto di vista legale. Ed infatti un altro dei fattori che influenza la crescita della rete è il fatto di poter giocare completamente a carte scoperte, soprattutto nel momento in cui ci si interfaccia con le istituzioni.

Mi dicono anche che da poco esiste la fondazione guifi, ottenuta dopo un anno di burocrazia, ma grazie alla quale possono passare a progetti ancora più ambiziosi, come ad esempio la fibra ottica. Ci sono infatti nella campagna catalana tre paesi vicini: due di questi sono già interconnessi con della fibra ottica, pagata dai due comuni ma molto sottoutilizzata. L’idea di guifi è di connettere questo terzo paese agli altri due, stendendo della fibra ottica, utilizzando dei pali del telefono che sono completamente inutilizzati ed abbandonati. Poi fare in modo che la gestione della fibra passi alla fondazione guifi, con l’obiettivo di mantenere l’infrastruttura disponibile a chiunque si voglia connettere (istituzioni, aziende, privati cittadini).

Il progetto guifi (sito, struttura della rete, …) è nato da Ramon Roca, e poi altri gruppi in altri paesi si sono aggregati al progetto, diventando di fatto una federazione di reti e raggiungendo in poco tempo una discreta massa critica. E infatti sembra che le istituzioni abbiano iniziato a prenderli sul serio quando hanno raggiunto quota mille nodi.

Dopo una telefonata, mi riferiscono che Ramon Roca mi aspetta l’indomani mattina in un paese chiamato Vic, facilmente raggiungibile con un’ora di treno da Barcellona.

continua…